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7    CULTO LITURGICO E CULTO SILENZIOSO

Malgrado la sua bellezza e suggestione, la forma di culto costituita da preghiere, canti, letture, brevi raccoglimenti, sermoni - che i quaccheri chiamano "programmato" - al di là di un coinvolgimento emotivo raramente impegna profondamente chi vi partecipa.

L'alternarsi dei suoi diversi elementi, l'alzarsi e il sedersi, il raccoglimento silenzioso che dura pochi minuti o secondi, le dotte speculazioni teologiche del predicatore comportano troppo spesso una forma di deconcentrazione, un frazionamento psicologico, e talvolta la predica produce dipendenza dall'oratore. Salvo eccezioni naturalmente.

La conoscenza, che dovrebbe crescere continuamente con la frequenza a culti, non corrisponde sovente alla crescita spirituale, né al cambiamento sostanziale del credente, né alla nuova nascita.

Maggiore è la semplicità del culto e della predicazione, maggiore è il vero coinvolgimento dei partecipanti e la possibilità di crescere.

Il massimo della semplicità si raggiunge, secondo i quaccheri, con il culto silenzioso, in quanto le rare interruzioni orali, sentite da ciascuno come servizio ed esternazione di una certa ispirazione, sono parte naturale del tutto ed appartengono a ciascuno.

Spesso in quei brevi messaggi c'è la risposta ad un problema o ad un quesito, espresso o inespresso, sentito da molti dei presenti. È l'io che diventa noi, l'individualità che si fà comunione.

Laddove il silenzio del culto programmato è un elemento secondario, spesso inesistente, nel culto quacchero non programmato è un elemento centrale, strumento formidabile di ricerca, di introspezione, di auto-esplorazione, di meditazione, di ascolto, di confessione, di impegno con se stessi, inizio reale di un cambiamento del proprio modo di essere e di agire.

La comunicazione verticale con lo Spirito di Dio si traduce in comunicazione orizzontale con i fratelli, che senti tali durante e dopo il culto, e con stupore e letizia ti accorgi che veramente qualcosa è cambiato in te, che i pensieri negativi si diradano progressivamente, che l'aggressività scompare gradatamente all'orizzonte, che i valori più alti della vita e della religiosità universale sono chiari nella mente e nel cuore.

A volte alcuni dei presenti non interrompono la propria concentrazione proseguendo il corso di un proprio pensiero edificante, e tale ne è lo spessore che non ne viene disturbato dall'intervento di altri.

Di solito, anche se nulla di eccezionale è stato direttamente o indirettamente sperimentato dalla maggior parte dei presenti al culto, un senso vero di pienezza e di pace riempie ognuno e tutti, e molti affanni quotidiani perdono di peso e di valore.

E chi non ha trovato conforto ai suoi problemi e risposta ai suoi intimi quesiti, trova un qualche diretto conforto nel constatare che altri l'hanno sperimentato.

La disponibilità e l'apertura agli altri è una diretta conseguenza della costante presenza ai culti, e la preoccupazione, il senso di responsabilità verso i confratelli è una caratteristica tutta quacchera da secoli.

La luce della verità divina, capace di dare risposta ai quesiti che la cultura umana non può soddisfare, non brilla in forme visibili o tangibili, e può non corrispondere affatto alle aspettative del credente, ma certamente un raggio di luce caritativa fa capolino nel cuore di chi sa far fruttare il mezzo del silenzio.

La consapevolezza di aver cercato la comunione con Dio e con i fratelli e il sapere che Dio gradisce tale ricerca danno un senso alla partecipazione.

Poiché però non è la sola forma di culto che Dio gradisce, quello silenzioso rimane solo una nota nella vasta gamma della pietas umana, ed è bene e giusto che ognuno segua quella che gli è più congeniale.

(Livorno 22.1.1987)

« La legge dello Spirito della vita in Cristo Gesù mi ha affrancato dalla legge del peccato e della morte. Se lo spirito di Colui che ha risuscitato Cristo Gesù dai morti abita in voi vivificherà anche i vostri corpi mortali per mezzo del Suo Spirito che abita in voi. »

(Rom. 8.2,11; N.T.)


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