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29    C'È SILENZIO E SILENZIO

(Deut. 32.10; Gb. 12.36; Is. 35.1; Sal. 37.7; Lam. 3.26; Sof. 1.7)

Quando una persona non è in pace con se stessa, e, se è credente, non ha veramente fiducia nella pace di Cristo; quando, per solitudine involontaria, o per isolamento scelto nella ricerca della pace; quando, in un periodo di turbamento prova ad appartarsi per meditare e pregare, ma non vi riesce, ed una folla di pensieri e voci contrastanti dentro di lei alzano come un rumore assordante impercettibile per i sensi, sviluppa una forma di paura dello star sola e cerca in ogni modo compagnia.

Lo stare insieme agli altri non è di per sé garanzia di pace dello spirito, di calma, di equilibrio psicologico, a meno che ci si riunisca per meditare e pregare insieme. Ed anche allora, se non siamo in grado di lasciare fuori del momento cultuale preoccupazioni e lugubri pensieri e profondi rancori, poco può anche il culto comunitario, cui si resta profondamente estranei.

Però questo modo di stare assieme ha maggiori probabilità di vittoria sulle voci e le grida dell'angoscia e della paura. V'è una sorta di allenamento e di esperienza che si sviluppa nella comunione fraterna, ponendosi in meditazione con sempre maggiore semplicità e disposizione dello spirito, spalancando con fiducioso coraggio la porta del cuore perché Egli entri e scacci le voci che turbano e confondono.

Il culto silenzioso diventa a poco a poco un esercizio spirituale che non richiede il ritiro dal mondo in certi periodi dell'anno con formule particolari, ma è a disposizione in ogni luogo e momento per ogni credente, ed è tanto più prezioso quanto più la creatura di Dio si sente lontana dal suo Creatore.

(Frino di Ghiffa 2.4.1992)


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