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1    IL CULTO SILENZIOSO E L'ESEGESI BIBLICA

Nel Culto Silenzioso, in uso tra i Quaccheri nel Vecchio Continente, essendo "non programmato", dopo alcuni minuti di raccoglimento chiunque può brevemente esprimere un pensiero, elevare una preghiera, citare un versetto o esprimere in sintesi ciò che tale versetto in quel momento gli/le ispira.

Non esiste qui un predicatore che sia tenuto ad analizzare un versetto od un brano dell'Antico o Nuovo Testamento, né vi sono momenti particolari dedicati al canto liturgico, alla lettura, alla preghiera.

Tutto è totalmente spontaneo, sia il silenzio, sia l'intervento, sia l'eventuale inno cantato da un Amico che ne sente l'impulso.

Certamente la dipendenza dal predicatore di tutta un'assemblea di credenti, domenica dopo domenica, non si verifica; gli automatismi della liturgia e le cadenze programmate di ascolto e di impegno corale - nel canto o nella preghiera liturgica - e ancora di ascolto e dossologia recitata collettivamente, restano fuori dalla porta e dall'atteggiamento religioso Quacchero.

Ma ciò che più conta, con tutto il rispetto e l'amore degli Amici verso la Parola Scritta - la Bibbia - a cui si ispirano 99 volte su 100, è la ricerca di un rapporto diretto con lo Spirito di Dio.

Non c'è interpretazione di tale o tal altro versetto che conti, non c'è dottrina o teologia che imponga una data interpretazione di passi biblici, non c'è predicatore che coinvolga l'Assemblea in una visione personale del mondo o della Sacra Scrittura. Soprattutto non esiste il rischio di interpretazioni bibliche settimanali che possono, se confrontate fra loro, apparire o essere contraddittorie.

E infine, non c'è il rischio di essere considerati cristiani all'acqua di rose se non si fanno discorsi religiosi infarciti di citazioni.

Quanto più si procede nel tempo, tanto più crescono in numero le Traduzioni della Bibbia, e i ritrovamenti di testi più o meno antichi, e gli aggiornamenti e, di conserva, le interpretazioni dei traduttori e dei chiosatori.

La scoperta di pergamene greche in varie parti del Mediterraneo dominate dalla cultura ellenica, anche se non bibliche, permette di capire parole neo-testamentarie il cui senso era rimasto ignoto fino a ieri. Il che, specie in chi è tendenzialmente fondamentalista, crea confusione.

Per gli Amici che si riuniscono per meditare e colloquiare intorno alla Parola sì, ma resa vivente spesso da una sentita presenza di Dio a livello profondo, il rischio di dipendere da una più o meno "corretta" interpretazione di passi biblici è assente in partenza.

Anche il silenzio umano ha, ovviamente, i suoi limiti e rischi, ma non comporta necessariamente il coinvolgimento di tutta la comunità.

Al massimo può esistere un errore di "omissione".

(Frino di Ghiffa 24.3.92)

« La morte, come la si intende, in verità non esiste. Quella che noi chiamiamo morte è governata dal principio shivaico (Shiva), ciò vuol dire che la morte non è altro che una transformazione, un andare al di là della forma (rupa). È un semplice cambiamento di stato di coscienza che per alcuni può avvenire in modo così inconsapevole da non percepire l'accaduto.
La maggior parte dell'umanità - soprattutto occidentale - non ha saputo e non sa trovare un giusto rapporto con la morte. Drammatizzazione dell'evento, attaccamento alla forma, identificazione con gli ideali terreni, etc., offrono uno spettacolo deludente ed infantile per chi conosce e sa.
Un giorno o l'altro si scoprirà che la nascita è sotto la legge della limitazione, mentre la morte sotto quella dell' affrancamento. »

Raphael (Asram Vidya Order): Di là dal Dubbio Ch. "Post mortem e Bardo Thotrol". Edizioni Asram Vidya. Roma 1979.


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